OGGETTI AFRICANI
X
HOME
VENDI CON NOI
SHOP
MY MERCATOPOLI
CONTATTACI

OGGETTI AFRICANI

Martedì 09 Agosto 2016
POZZANI MATTEO

L'arte africana è l'arte prodotta nel continente africano, dalla nascita dell'uomo all'età contemporanea.

Benché molto variegata, l'arte dell'Africa è accomunata da un forte senso religioso, legato allo spiritualismo delle differenti fedi locali. I colori maggiormente impiegati sono il rosso, simbolo della fecondità e della vita, il bianco ed il nero, rappresentando la vita eterna e l'oscurità. Agli inizi del XX secolo molti artisti europei d'avanguardia cominciarono a riunire maschere e statue africane: generalmente tralasciarono i tratti simbolici espressivi il mito religioso e l'ideologia ed interpretarono soltanto il loro aspetto esteriore, l'estetica dei piani e dei volumi. Generalmente la rappresentazione del mito non è consistita in un'immagine fantasiosa della divinità, ma piuttosto in figure reali, che comprendono quelle ancestrali, oppure nelle maschere, usate nei riti protettivi dalle difficoltà della vita e nelle funzioni civili.[1] Gli esponenti del movimento fauvista come André Derain, Henri Matisse e Maurice de Vlaminck furono i primi ammiratori dell'arte africana. Da allora l'influenza di questa arte determinerà in maniera definitiva qualsiasi tentativo di rinnovamento plastico.

Africa centrale

I regni più potenti di quest'area furono quelli del Congo e Loango alle foci dello Zaire, e i Kuba, Luba e Lunda-Tchokne a sudest: in questi luoghi sono molto caratteristiche le case rettangolari con il tetto piramidale. Nel passato si formarono nella regione degli stati feudali, composti da diversi regni: i Kuba, attivi dal XVII secolo, sono autori di molte opere che esaltano la figura dei propri ndop, re locali che - pur dotati di attributi sacri - erano eletti da un'assemblea che poteva destituirli. I re venivano rappresentati in attitudine solenne e con una spada cerimoniale quasi distrutta, impugnata con la mano sinistra, come attributo di potere.

Ai confini orientali dei Kuba si estendeva il regno Luba, collocato al nord del lago Tanganica: fra le opere principali di questo popolo risaltano i poggiatesta, anche oggi molto comuni; un senso estetico comune animava gli artisti, per cui è difficile distinguere fra arte cortigiana e popolare. Uno dei primi regni che entrò in contatto con le altre civiltà fu quello dei Bakongo che, fin dal XV secolo, stabilì relazioni con i navigatori portoghesi; l'intenzione iniziale fu quella di dominare il Congo, ma alla fine furono respinti in Angola, paese ancora oggi molto legato alla storia del Portogallo.

I Bakongo realizzano delle sculture femminili straordinarie, caratterizzate da inventiva e libertà plastica; tuttavia scarseggiano le maschere rituali, molto probabilmente a causa dell'influenza del Cristianesimo. I feticci nkisi sono peculiari per il gesto e la massa, mentre quelli konde sono ricoperti da chiodi. Nella regione del Kwango-Kasai spiccano i Basuku, le cui opere più conosciute sono le maschere Hemba: venivano utilizzate nelle danze che concludevano i riti d'iniziazione, con tratti anatomici molto dettagliati e voluminosi. La duratura presenza dei portoghesi nello Zaire ha potuto influire in moltissime opere, il cui realismo ricorda tratti dell'arte medievale cristiana.

Sahel occidentale

A differenza delle altre regioni africane, qui si formano i grandi imperi, quasi tutti convertiti all'islamismo: fra tutti spiccano i Bambara ed i Dogon, etnie stanziate nel Mali. Entrambi praticano una religione animista ortodossa, in cui la vita culmina nel tyiwara, la tappa che mette in contatto l'uomo con la natura. Questi realizzano molte maschere, denominate anche tyiwara, che ne evocano la comunione spirituale: queste maschere hanno le sembianze di una antilope e sono elaborate quasi in due dimensioni.

Africa occidentale

In tutto il settore occidentale del continente, ad esclusione del Senegal, viene mantenuto ancora un modello tribale, dovuto in maggior parte alla forte resistenza opposta alla penetrazione dell'islam: questo isolamento ha favorito lo sviluppo di un'arte più personale ed individualistica. All'infuori della Guinea-Bissau vivono i Bidyogo, artefici di un'arte molto simile ai loro vicini, i Baga: realizzano infatti grandi maschere, a metà strada fra il naturalismo e l'astrazione, evidenziando una grande varietà di temi ed un buon senso della massa. Da annoverare le maschere dedicate agli spiriti Axiol e le statue antropomorfe collegate ai tamburi cerimoniali. I Nalu, originari dall'alto Niger, sono dominati una casta sacerdotale che ne controlla la vita sociale e religiosa: la loro opera più importante è la maschera Banda, che raggiunge anche dimensioni superiori ai due metri. È decorata con motivi zoomorfi differenti, ad esempio delle fauci di coccodrillo; create per seminare il terrore fra i non iniziati, rappresentano lo spirito delle acque, chiamato con lo stesso nome. La maschera viene solitamente indossata orizzontalmente sulla testa; l'artista comincia ispirandosi ad un volto umano che poi va allungando, stilizzandone la forma, e si decora con motivi geometrici e con colori vivaci.

I Mendi, nella parte meridionale della Sierra Leone, si distinguono per le maschere Bundu utilizzate nei riti d'iniziazione per le donne: impiegata nelle cerimonie rituali della pubertà femminile, cioè al passaggio all'età fertile, sorprende per il suo aspetto caricaturale con un'enorme testa, una fronte ampia ed una vistosa capigliatura, con una grande abbondanza di elementi decorativi. Esiste un gruppo di etnie con caratteristiche molto simili comprese nella denominazione Dan-Ngere, che si estendono soprattutto in Liberia, in Guinea e nell'est della Costa d'Avorio: più che nelle statue, essi si sono specializzati nella fabbricazione di ricche maschere, figurative con elementi fantastici e stilizzate sino all'astrazione.

I Senufo vivono nella savana umida della zona interna della Costa d'Avorio; non formano una sola unità politica ma riescono a mantenere la loro organizzazione in un insieme di tribù indipendenti. Gli artisti locali vengono iniziati alla creazione dell'arte e sono molto rispettati dalla popolazione, poiché considerati come gli intermediari delle divinità: vivono in case circolari dalla struttura di legno, con muri di fango e pietra, e con il tetto di paglia. Si realizzano tre grandi tipi di statue: deblè (alte e dall'elegante forma allungata, per i riti di fecondità), degelè (più schematiche, impiegate nelle cerimonie funerarie), e sandongo (con profili più angolosi). Producono invece pochissime maschere delle denominate ponyungo, quando si tratta di rappresentazioni zoomorfe, e gpelye, per le figure umane.

Agli inizi del XVIII secolo la regina dei Baulé con tutto il suo popolo abbandona la Confederazione Ashanti, e si trasferisce nella Costa d'Avorio. Sono degli eccellenti orefici, come gli Ashanti, ma non posseggono l'abilità nell'intaglio del legno, mestiere che impareranno dai Gurò: la loro arte sorprende per la raffinatezza e la delicatezza e particolarmente per la rifinitura molto accurata, caratteristiche per le quali vengono apprezzate nel mondo occidentale. Tende alla forma geometrica, con un volto ovoidale, una pettinatura triangolare e con una forte predominanza della curva degli occhi e delle sopracciglia. L'artista scolpisce le figure degli antenati, da essere poi venerate come rappresentazione dei loro defunti; quando la figura umana viene ritratta, essa ne conserva la solenne bellezza, così come appare nella maschera di un uomo e di una donna. Le sculture sono dettagliate e plastiche, con il loro naturalismo e gli influssi sudanesi; richiedevano una lunga preparazione e mostravano grande perizia anche nelle levigatura e nelle patine.[2] Per sfortuna, l'arte attuale dei baulé si è fatta assai monotona e si limita a ripetere i modelli del passato.